Porto di Valparaiso

Valparaíso è presente nella mia mente come nei romanzi della Allende: il porto dove tutto può arrivare. Appare come le scale vertiginose che Neruda ha dipinto nei suoi versi, come quei cileni che nascono coraggiosi, perché sanno che prima o poi dovrà vivere l'esperienza di un terremoto. Valparaíso è così, sembra che tutto stia per cadere a pezzi, guardandola dal porto. Un ventaglio aperto alla vista, in cui le case non si nascondono una dietro l'altra ma si sovrappongono fin verso le alture. A Valparaíso tutto conserva un'aria di decadenza e allo stesso tempo di romantico ricordo. Noi siamo dovuti venire qui -con il sole, mentre a Madrid pioveva- per vivere una piccola scossa di terremoto, un "temblorcito", come dicono loro.

Il porto di Valparadiso è arrivato ad essere un clichè nell'ambito fotografico. I paesaggi, le barche, tutti luoghi comuni all'interno della fotografia; ma dopo essersi radicati nel porto uno prende coscienza dell'ambiente fisico e demografico che lo circonda e questo permette discriminare altri elementi a favore di una fotografia che non cade nei luoghi comuni. È principalmente la gente quello che più rappresenta la città di Valparadiso e ed è questo quello che io presento.

Spettacolare città sulla costa cilena. Colline con case piene di colore, patrimonio dell'umanità, museo a cielo aperto, con piccole strade tra le case e ripide scalinate, dipinti da vari artisti, La Sebastiana, una delle case di Pablo Neruda, ecc. E poi la sua gente, i pescatori, e i paesaggi che ci offre la sua costa nera.